Saturday, October 18, 2008

L'Organizzazione Aziendale e la metafora del prisma.

L'insegnamento di Organizzazione Aziendale si colloca al III anno del corso di laurea di Economia Aziendale. Pur non richiedendo alcuna propedeuticità, la frequenza all'insegnamento e la partecipazione alla prova d'esame richiedono il possesso di alcuni fondamentali saperi minimi di ingresso: elementi di economia e gestione delle imprese; di tecnica industriale e commerciale e di marketing; di ragioneria generale e di programmazione e controllo. Il docente raccomanda vivamente agli studenti di iniziare la preparazione all'esame di Organizzazione Aziendale, solo dopo aver acquisito i saperi minimi precedentemente enunciati. L'insegnamento di Organizzazione Aziendale, in effetti, completa il quadro delle discipline aziendali studiate durante il triennio. C'è un "filo logico" che collega i diversi insegnamenti di matrice aziendale ed è corretto, pertanto, che lo studente abbia acquisito tutte le conoscenze necessarie per presidiare correttamente e avere padronanza dei concetti e dei temi affrontati dall'Organizzazione Aziendale.

Nello studio dell'Organizzazione Aziendale, in particolare, l'impresa è analizzata come fosse un prisma. E' noto che nella geometria solida, un prisma è un poliedro le cui facce sono due poligoni identici di n lati (le basi) poste su piani paralleli e connesse da un ciclo di parallelogrammi (le facce laterali). Allo stesso modo, l'impresa è vista nei due sui principali "poligoni": quello umano e quello strutturale. L'uno non può prescindere dall'altro. Entrambi influenzano significativamente i livelli di performance organizzativa.

Se si analizza il profilo umano, entrano in gioco elementi fondamentali quali la personalità degli individui, gli atteggiamenti individuali, i diversi livelli di motivazione, le emozioni, lo stress e poi via via la formazione e l'evoluzione dei gruppi, i processi decisionali (collettivi), i processi di comunicazione, i processi conflittuali, le dinamiche di potere e di leadership.
Se si analizza il profilo strutturale, l'analisi si sposta sul piano della comprensione dei modelli organizzativi, della gestione delle risorse (umane), dei modelli culturali interni (a sua volta influenzati da quelli culturali del Paese) e del cambiamento organizzativo.
I due profili sono estremamente connessi. La struttura organizzativa di un'impresa dipende, a parità di condizioni, dalle modalità di interazione fra i diversi individui che ne fanno parte; non tutti gli individui, tuttavia, hanno eguali responsabilità, autorità e potere. A sua volta, i comportamenti dei soggetti sono fortemente influenzati dalle caratteristiche strutturali che assume un'impresa (alcune di queste caratteristiche sono studiate nel corso di Tecnica Industriale e Commerciale).
Il corso di Organizzazione Aziendale, pur richiamando sovente elementi tematici dalle discipline di psicologia, psicologia sociale, sociologia organizzativa, etc... mantiene rigorosamente un "taglio aziendale". In ultima analisi, infatti, attraverso lo studio delle tematiche organizzative si intende comprendere, da un altro angolo visuale, come l'impresa riesca a migliorare, nel corso del tempo, il differenziale ricavi-costi che ne determina i livelli di competitività.

13 comments:

A.Parisini said...

Basterebbe leggere attentamente questo post sulla metafora del prisma, per riuscire a rispondere in maniera (quasi) esauriente, e quindi in maniera quasi completa e convincente, al post de i "key indicators" delle performance organizzative.
Solo adesso infatti mi è perfettamente chiaro in mente quali siano i fattori che influenzano tali performance e dunque mi pare che diventi abbastanza semplice poter configurare degli indicatori di performance.
Lungi dal voler sembrare presuntuoso, penso che questi dovrebbero essere degli strumenti capaci di descrivere quantitativamente e qualitativamente quelle due “facce del prisma” che rappresentano il lato umano e quello strutturale dell’ organizzazione, in modo da poter avere dei valori, dei dati alla mano, da poter analizzare, comprendere, interpretare, sfruttare e/o modificare (per il bene sia dell’organizzazione, sia dei gruppi di individui che ne fanno parte e sia degli stessi singoli individui che compongono i gruppi), e non solo, ma descrivere anche tutto ciò che viene fuori dalla somma, o per meglio dire, dalla (perpetua) interazione non solo tra questi due aspetti fondamentali (umano e strutturale), ma anche tra quelle che vi sono fra singoli individui, gruppi, organizzazioni; somme o interazioni che oltretutto presumo siano (nel medio/lungo periodo) verosimilmente dinamiche e mutabili.
Spero di non aver scritto troppe idiozie e comunque di essermi spiegato bene.
Arrivederci a lezione e Grazie.
A. Parisini

Rosario Faraci said...

Mi sembra un'ottima riflessione, ben ragionata e strutturata. Bene!

D.Rannone said...

Sono daccordo con tutto ciò che scrive Parisini, questo è cnfermato da ciò che è stato detto a lezione, cioè che l'organizzazione aziendale è strutturata in tre parti: individui, gruppi, organizzazione.
Quindi per poter snocciolare bene il discorso, si analizzano separatamente ma secondo me quello che poi fà andare meglio di altre imprese una, alla fine è come queste parti si relazionano tra loro.
Faccio un esempio, se abbiamo tanti lavoratori che hanno grandi capacità e competenze facenti parti di un'impresa ma sotto il profilo umano non vanno per niente daccordo tra loro, ostacolandosi, nonostante queste grandi capacità non otterranno mai gli stessi risultati che otterrà invece un' impresa composta da individui magari più modesti ma molto organizzati tra loro e che fanno un gran bel lavoro di gruppo.

Marco Fiamingo said...

Un altro aspetto importante secondo me è quello di conoscere ogni individuo in termini di personalità per poi riuscire a creare un gruppo con diverse caratteristiche e non omogeneo sotto questo punto di vista. Infatti,persone con personalità diverse,possono completarsi senza per forza andare in conflitto e in quel modo ne trae giovamento tutto il lavoro del gruppo,che di conseguenza si riflette sulle performance positive dell'impresa. Studiando il singolo individuo,si passa ai gruppi (visti non solo come mera somma di individui e loro caratteristiche,bensì come quel valore aggiunto che deriva dalla cooperazione di questi) e infine all'organizzazione.

D.Rannone said...

Secondo me non è poi così semplice conoscere un individuo in termini di personalità, immagina un insieme di questi.
Anche perchè ogni individuo magari mostra solo degli aspetti della propria personalità(tratti) ma oltre a quelli ne ha sicuramente altri che vengono fuori in situazioni fuori dalla norma.

Marco Fiamingo said...

Ovviamente mi riferisco ad una conoscenza per sommi capi,nei limiti del possibile,forse mi sono spiegato poco bene. E' chiaro che ci sono tratti di personalità che è difficile scovare,ma l'obiettivo è fare in modo di conoscere,nel miglior modo possibile,ogni individuo che lavora in azienda,per combinarlo al meglio con gli altri e creare un gruppo variegato.

D.Rannone said...

Certo non è mai semplice soprattutto con quei soggetti manipolatori che fanno capire una cosa...invece ne pensano o fanno una opposta.

Marco Fiamingo said...

I cosiddetti "machiavellici"...

G.Longo said...

Vi invito a leggere questo post davvero interessante ai fini del nostro studio:
http://www.collettivamente.com/articolo/2071561.html

Io penso che è davvero difficile poter capire VERAMENTE una persona. Alcuni aspetti possono modificarsi nel tempo anche se una natura "di fondo" rimane sempre invariata.
Appunto per questo la presenza di uno psicologo al colloquio di lavoro, a mio parere, è di estrema importanza. In fondo il lavoro di uno psicologo è proprio quello di carpire tutte (o quasi) le sfaccettature di una persona!

Inoltre penso che fiammingo abbia ragione: cercare di creare un gruppo eterogeneo può essere molto importante per un'azienda. L'uno completa l'altro. L'unico problema è che ci saranno più possibilità di contrasto tra diversi individui.

Per quanto riguarda i machiavellici...loro ci sono e ci saranno sempre!!! Forse anche per uno psicologo è difficile scovarli!!!!!

G.Longo said...

...altro articolo interessante!
http://www.studenti.it/lavoro/primipassi/psicologia_colloquio.php

ps: ovviamente non prendiamo ogni suggerimento come un "vero assoluto"!!!

Fiorito Piero said...

Nella selezione del personale si cerca di scovare il carattare e i tratti della persona tenendo conto dei livelli della PNL(Programmazione-neuro-linguistica). Cos'è?
L'uomo,così come gli animali, hanno avuto da sempre il bisogno di comunicare e di mettersi in relazione. Ma come si può comunicare?
Si può comunicare con le parole, con i gesti, con il viso ecc.. Qualsiasi parte del nostro corpo comunica all'altro qualcosa. La PNL si basa su tre livelli di comunicazione:
1)Comunicazione Verbale mediante l'utilizzo delle parole;
2)Comunicazione Non Verbale, costituita dai gesti,postura,movimenti facciali..;
3)La Comunicazione Paraverbale è il corretto utilizzo della voce: timbro, tono, pause e volume.
Nella comunicazione quotidiana questi 3 livelli possono interagire contemporaneamente, ma in certi casi la comunicazione può basarsi su un solo livello, pensate ai sordomuti.
Una parte significativa nel processo di comunicazione è occupata dalla comunicazione Non Verbale. Infatti il nostro corpo comunica molto più delle parole. Facciamo un'esempio. Pensate ad una persona triste. Anche se questa non ve lo dice, voi lo noterete sicuramente guardandola negli occhi e dall'espressione dei muscoli facciali..
Un concetto importante in PNL è quello di "distanza prossemica". Con questo termine si indica la distanza che intercorre tra un soggetto ed un altro nel processo comunicativo, varcata la quale ci si sente come invasi, in quello che possiamo definire spazio vitale. C'è ne accorgiamo quando una persona ci parla a distanza ravvicinata.
Durante un colloquio di lavoro si tiene conto proprio di queste elementi, che danno, in prima approssimazione, un'idea del candidato sottoposto alla selezione..

Rosario Faraci said...

Interessante il contributo sulla PNL. In effetti, proprio perchè si tratta di temi di psicologia, non abbiamo molto tempo per parlarne in aula. Propongo a Fiorito di approfondire e di riferire brevemente in aula la differenza fra AT e PNL, fra analisi transazionale e programmazione neurolinguistica, che sono i due approcci più utilizzati dalla psicologia per affrontare i problemi delle relazioni di gruppo, del comportamento individuale, dei conflitti etc... Attendo riscontro.

Fiorito Piero said...

Conoscevo soltanto la PNL ma navigando ho trovato qualcosa..E' solo una sintesi dell'AT ma ho trovato altro materiale che scende un pò più nello specifico e che per ovvie ragioni non riporto qui..
Il nome "Analisi Transazionale" indica chiaramente qual'e' l'oggetto principale di questa teoria: la "transazione" ovvero lo "scambio" che si verifica tra due individui che comunicano.
Piu' precisamente, con Transazione si vuole intendere qualsiasi scambio che avvenga fra due o piu' persone: un dialogo e' una transazione, cosi come puo' esserlo, ad esempio, uno scambio di gesti di affetto.
Nell'affrontare determinate situazioni, le persone, tendono a ripetere un "copione", ovvero le esperienze vissute nell'infanzia, vengono continuamente riproposte come strategie operative, anche se a volte si rivelino auto-lesioniste o dolorose.
Le persone infatti, tendono a seguire le strade gia' tracciate per sentirsi piu' sicuri, limitando la possibilita' di un pensiero divergente che riesca a trovare soluzioni a problemi vecchi e nuovi.
L'Analisi Transazionale e' quindi una teoria psicologica che studia l'individuo all'interno dell'ambiente in cui vive, attraverso i comportamenti che manifesta.
Lo scopo di questa teoria della personalita' e' quello di indagare i comportamenti dei soggetti in relazione, comprendere le motivazioni per cui a volte si sente disagio ed individuare quali siano le modalita' piu' opportune per evitare il disagio e vivere, il piu' possibile, in armonia.
Per raggiungere questi obiettivi, l'Analisi Transazionale, scompone la struttura della personalita' in tre elementi distinti (stati dell'Io):

o Il Genitore
o Il Bambino
o L'Adulto

Ognuno di questi stati di personalita' si esprime, agisce ed entra in relazione con gli altri nelle diverse situazioni in cui ci veniamo a trovare.
# Lo stato "Genitore" e' costituito dall'insieme dei valori recepiti durante l'infanzia dai propri educatori: genitori, insegnanti etc.
# Lo stato "Bambino" rappresenta quella che possiamo definire la parte "spontanea", quella che conserva memoria delle emozioni vissute durante l'infanzia: entusiasmo, meraviglia, ma anche insicurezza e paura.
# Lo stato "Adulto" invece, svolge il ruolo di mediatore fra gli altri due stati ed e', in sostanza, la parte razionale.
Per individuare questi stati, vengono analizzate molte indicazioni, che comprendono le parole utilizzate, il tono della voce e le espressioni del volto.
Essere consapevoli di quali siano gli stati dell'Io, dei ruoli giocati da noi stessi e dal nostro interlocutore nelle diverse situazioni, ci permette di adattarci meglio ad esse, di recepire correttamente il messaggio del nostro interlocutore e di rispondere in modo efficace.
www.psicocitta.it/psicologia-psicoterapia/analisi-transazionale.php
Prof. Faraci mi dica cosa dovrei fare..magari non per domani(lunedi) visto che lei non ci sarà..